Direttiva - 2024/825 - sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde.

Direttiva - 2024/825 - sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde.

La Direttiva in esame mira a responsabilizzare i consumatori per la transizione verde attraverso il potenziamento della protezione dai comportamenti commerciali sleali

Direttiva 2024825 sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde 1

La proposta è stata inizialmente introdotta il 30 marzo 2022, sotto la guida del commissario Didier Reynders. È una delle iniziative pianificate nell'ambito della nuova agenda dei consumatori 2020 della Commissione e del piano d'azione per l'economia circolare 2020, seguendo gli obiettivi stabiliti dal Green Deal europeo. Fa parte di un pacchetto di quattro proposte, insieme al regolamento sulla progettazione ecocompatibile e alle proposte di direttive sulle autodichiarazioni ambientali e sulla promozione della riparazione (diritto alla riparazione).

La Direttiva

La Direttiva (UE) 2024/825, emessa il 28 febbraio 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea il 5 marzo 2024 apporta modifiche alla Direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori e alla Direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali.

La Direttiva in esame mira a responsabilizzare i consumatori per la transizione verde attraverso il potenziamento della protezione dai comportamenti commerciali sleali e il miglioramento delle informazioni fornite ai consumatori, in particolare tramite l'introduzione del divieto di greenwashing.

Al fine di raggiungere questo obiettivo è stato creato un elenco di pratiche commerciali  e strategie di marketing vietate dall’Unione Europea poiché strettamente legate al cosiddetto greenwashing e all’obsolescenza precoce dei beni.

All’interno del nuovo elenco delle pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali è possibile individuare:

  • Mostrare un marchio di sostenibilità che non è supportato da un sistema di certificazione riconosciuto o non è stato autorizzato dalle autorità pubbliche;
  • Fare una dichiarazione ambientale generica per la quale il professionista non può dimostrare il riconoscimento dell'eccellenza nelle prestazioni ambientali pertinenti alla dichiarazione;
  • Formulare una dichiarazione ambientale riguardante il prodotto o l'attività del professionista nel complesso, quando si riferisce solo a un particolare aspetto del prodotto o dell'attività;
  • Presentare requisiti di legge obbligatori per tutti i prodotti di una categoria specifica come se fossero un tratto distintivo dell'offerta del professionista.

La Direttiva relativa al divieto di greenwashing modifica anche le regole sull'etichettatura dei prodotti, vietando:

  • l’utilizzo di indicazioni ambientali generiche, come “rispettoso dell’ambiente” o “naturale” o, ancora, “rispettoso degli animali”, se non supportate da prove;
  • il divieto di dichiarazioni che implicano la produzione di un impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente tramite la partecipazione a sistemi di compensazione delle emissioni di carbonio;
  • il divieto di utilizzare marchi di sostenibilità, ad eccezione che questi siano basati su sistemi di certificazione approvati o creati dalle autorità pubbliche;
  • nuovi obblighi di trasparenza in capo ai professionisti circa le caratteristiche di durabilità dei prodotti; in particolare, le informazioni sulla garanzia della durabilità dei prodotti devono essere chiare e visibili, e a tale scopo sarà creato un nuovo marchio armonizzato per dare risalto ai prodotti con un periodo di garanzia più esteso.

La Direttiva entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, e gli Stati membri avranno tempo fino al 27 marzo 2026 per recepirla nel loro ordinamento giuridico nazionale.

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