
PMI e Rendicontazione di Sostenibilità: come prepararsi alle nuove regole in Italia
Il Decreto Legislativo n. 125/2024 estende l'obbligo di rendicontazione di sostenibilità anche alle PMI quotate in Italia, con un periodo di transizione fino al 2028.
Con l'entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 125/2024, la rendicontazione di sostenibilità è diventata una questione cruciale anche per le PMI italiane. Sebbene l’obbligo di conformarsi ai nuovi standard europei ESG riguardi principalmente le grandi imprese e le PMI quotate, le piccole e medie imprese si trovano in un contesto in cui la sostenibilità diventa sempre più rilevante per investitori, clienti e partner commerciali.
Il Decreto, che recepisce la Direttiva Europea CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), stabilisce una chiara distinzione tra le PMI quotate e non quotate, definendo per ciascuna di esse scenari normativi e operativi differenti.
Le PMI quotate: gli obblighi in arrivo
Le PMI quotate rientrano tra le aziende obbligate a redigere la reportistica di sostenibilità. Il Decreto stabilisce che le PMI quotate soggette agli obblighi di rendicontazione di sostenibilità sono quelle che soddisfano almeno due dei tre criteri seguenti, escludendo, in linea con la CSRD, le microimprese quotate:
- Numero di dipendenti: tra 11 e 250;
- Attivo Patrimoniale: tra 450.000 euro e 25 milioni di euro;
- Ricavi netti: tra 900.000 euro e 50 milioni di euro;
Il Decreto Italiano ha modificato i parametri previsti per l’Attivo Patrimoniale e i Ricavi Netti, che nella Direttiva Europea erano compresi rispettivamente tra 350.000 e 20 milioni, e tra 700.000 e 40 milioni di euro. Sono, inoltre, ricompresi gli istituti di credito di piccole dimensioni non complessi e le imprese di assicurazione dipendenti da un Gruppo.
Riconoscendo le peculiarità dimensionali ed operative delle PMI quotate, l’EFRAG (European Financial Advisory Group), l’organizzazione indipendente incaricata dall’Unione Europea di sviluppare i nuovi standard di rendicontazione di sostenibilità previsti dalla CSRD (gli ESRS – European Sustainability Reporting Standards), ha elaborato degli standard di riferimento specifici per esse, i cosiddetti ESRS LSME (Listed Small and Medium Enterprises). Gli ESRS LSME sono progettati per essere meno complessi rispetto agli standard applicati alle grandi imprese. Adottano comunque concetto di Doppia Materialità: ciò significa che le PMI quotate devono rendicontare non solo come i fattori ESG per esse rilevanti influenzano le loro performance finanziarie, ma anche come le loro attività impattano la società e l’ambiente. Gli ESRS LSME coprono gli stessi temi principali della versione per le grandi imprese, ma con un livello di dettaglio ridotto. Le aree tematiche principali includono l’impatto climatico e gestione delle emissioni di gas serra, aspetti sociali, come il trattamento dei lavoratori, la diversità e l'inclusione e la governance.
L’obbligo di rendicontazione per le PMI quotate entra in vigore a partire dal 1 gennaio 2026, ma possono usufruire di una flessibilità temporale che consente loro di posticipare fino al 2028 l’implementazione completa delle disposizioni previste dal Decreto Legislativo n. 125/2024. Questo periodo di transizione di due anni ha l’obiettivo di permettere alle PMI di adeguarsi gradualmente ai nuovi obblighi di rendicontazione di sostenibilità, fornendo il tempo necessario per organizzare i processi interni, adottare strumenti di monitoraggio ESG e formare il personale. Tale deroga è stata introdotta per agevolare queste imprese, che avendo caratteristiche dimensionali ridotte, potrebbero avere risorse limitate rispetto alle grandi aziende e necessità di maggiore gradualità.
Per affrontare questo percorso verso la sostenibilità, è fondamentale che le PMI quotate comincino a integrare i dati ESG nei bilanci e a monitorare costantemente le loro performance ambientali e sociali. L’utilizzo di strumenti digitali e piattaforme di reporting automatizzato può facilitare la gestione dei dati, semplificando la conformità alle normative future e consentendo una visione più chiara dei rischi e delle opportunità legate alla sostenibilità.
Le altre PMI: percorso volontario ma non proprio!
Le PMI che non soddisfano i parametri elencati sopra non rientrano nell’obbligo di rendicontazione di sostenibilità. Tuttavia, l’intento della Direttiva Europea è quello di diffondere ad ampio raggio la pratica della misurazione e della reportistica della sostenibilità e, pertanto, incoraggia fortemente lo sviluppo di percorsi volontari da parte delle imprese al momento non obbligate. Allo scopo di fornire supporto e indicazioni concrete, l’EFRAG ha elaborato degli standard specifici per queste aziende, gli ESRS VSME (Voluntary Small and Medium Enterprises), un framework semplificato e adattato alle esigenze e le caratteristiche delle piccole e medie imprese non quotate, che prevede un approccio modulare per garantire flessibilità. Infatti, si prevede la possibilità di iniziare con informazioni più semplici per poi integrare man mano la propria reportistica con maggiori dettagli.
Anche se le PMI non quotate non sono formalmente tenute a rendicontare la sostenibilità, nella pratica molte di queste aziende si trovano di fatto “obbligate” a farlo. Questo accade perché fanno parte di catene di fornitura o di filiere produttive di grandi aziende e/o PMI quotate, che sono soggette agli obblighi di rendicontazione ESG imposti dalla CSRD. Le imprese capofila devono chiedere ai loro fornitori di fornire dati di sostenibilità per garantire la trasparenza lungo l'intera filiera. Di conseguenza, per restare competitive e continuare a far parte delle catene di approvvigionamento, le PMI devono comunque conformarsi agli standard di sostenibilità.
Pertanto, le PMI non quotate che scelgono di rendicontare volontariamente la propria sostenibilità hanno l’opportunità di avviare un percorso graduale e di essere più consapevoli pronte ad affrontare le crescenti richieste informative sulla sostenibilità. La rendicontazione ESG rafforza la reputazione aziendale e offre un vantaggio competitivo, soprattutto nelle catene di fornitura che privilegiano fornitori sostenibili. Inoltre, le pratiche di sostenibilità consentono di ottimizzare i processi operativi, ridurre costi e migliorare l'efficienza energetica. Infine, anticipare la rendicontazione ESG permette di prepararsi a future normative, rafforzando la fiducia degli stakeholder e migliorando le relazioni commerciali. E allora, perché aspettare?